Il mese di maggio prende l’avvio con la solennità di San Giuseppe artigiano, figura che invita a riflettere sul ruolo del lavoro e dell’impegno dell’uomo attraverso il lavoro in un periodo in cui il mercato del lavoro è in forte evoluzione e la crisi economica colpisce una vasta area sociale.
Per «Il lavoro, per i lavoratori e per quelli che non hanno lavoro» è il tema conduttore della Festa del lavoro 2012 a Gradisca d’Isonzo, che vivrà un momento particolare il 1° maggio in Duomo, con la celebrazione Eucaristica delle ore 11.30 presieduta dall’Arcivescovo di Gorizia, S.E.Rev.ma Mons. Dino De Antoni.
Ci sarebbe veramente poco da suonare! L’appuntamento nazionale a piazza San Giovanni per il Primo Maggio, trova quest’anno un’Italia, un mondo del lavoro ancor più in sofferenza e per di più segnato da una lunga scia di sangue di operai e imprenditori che si tolgono la vita perché il peso che portano è diventato insopportabile.
Eppure la realtà del lavoro è un elemento fondamentale della persona “Mangerai il pane con il sudore della tua fronte” (Gn 3,19), ma anche della società. Le difficili o precarie condizioni del lavoro rendono difficili e precarie le condizioni della società stessa, le condizioni di un vivere ordinato secondo le esigenze del bene comune. C’è una lunga e consolidata tradizione nel magistero della Chiesa riguardo la dottrina sociale, che a partire dalla Rerum Novarum di Leone XIII del 1891, ha fissato i principi cardine del magistero pontificio nei confronti del lavoro e dei lavoratori. Con l'inizio dell'età industriale e l'irrompere della questione sociale, con le prime rivendicazioni operaie e la richiesta di condizioni di lavoro più eque e più giuste, i pontefici del Novecento sono intervenuti spesso su questo tema esprimendo il loro contributo alla discussione sui diritti sociali dell'uomo. Basti ricordare le tante encicliche, da Pio XI a Giovanni Paolo II. Proprio la celebrazione periodica della commemorazione dell'enciclica di Papa Leone XIII - ha offerto ai successori di Pietro l'occasione di esprimere in maniera chiara il loro pensiero: vanno lette in questo senso la Quadragesimo Anno di Pio XI del 1931, la Octogesima Adveniens di Paolo VI edita nel 1971 e la Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, pubblicata nel 1991 in occasione del centenario della Rerum Novarum. Ampi echi sono presenti anche nei nell'enciclica Mater et Magistra di Giovanni XXIII e nella Popolorum Progressio di Paolo VI, come pure nella costituzione pastorale Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II. Anche Benedetto XVI ha dedicato alcuni brani della sua enciclica Caritas in Veritate del 2009 alle questioni sociali e non manca di intervenire nel corso di omelie e interventi pubblici sul tema del lavoro e della sua sicurezza. Ma il tema e le sue implicazioni sociali hanno rappresentato una componente importante soprattutto nel pontificato di Giovanni Paolo II. Oltre alla già ricordata Centesimus Annus, Wojtyła - operaio egli stesso durante la sua gioventù nelle cave di pietra e nelle fabbriche della Solvay - ha scritto la Laborem Exercens nel 1981 e la Sollicitudo Rei Socialis nel 1988 e ha rilanciato la festa del 19 marzo, san Giuseppe, patrono del lavoro e dei lavoratori, recandosi in visita pastorale in fabbriche, stabilimenti e cantieri. Ancora, si ricorda l'avvio nel 1989 dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.
Di seguito, i versi di un giovane Wojtyla dedicati a operaio morto sul lavoro in una sua poesia del 1956, intitolata "La cava di pietra"
«Sollevarono il corpo. Sfilarono in silenzio./
Da lui ancora emanava fatica ed un senso di ingiustizia. /
Avevano bluse grigie, scarpe infangate fin sopra la caviglia...
La pietra bianca entrò in lui, corrose la sua essenza /
e a sé l'assimilò tanto da farne pietra».